La Ruota della Fortuna nel Medioevo (I)

De consolatione philosophiae, Boezio insegna ai suoi studenti, manoscritto (Italia 1385)

L'Opera dei Tarocchi è, credo, senza tempo e senza luogo, in quanto parla il linguaggio simbolico, che è lo stesso, dall'uomo primitivo all'uomo moderno.
Tuttavia l'opera iconografica dei Tarocchi moderni è, a detta di molti, di origine medievale, in quanto è in quel periodo fecondo di grandi trasformazioni che è nato il progetto ideologico che poi è stato tradotto graficamente, nelle carte.

Un esempio illuminante è l'arcano X, che riguarda la Fortuna paragonata ad una ruota. Il tema della Fortuna, caro ai romani, ed analizzato magnificamente da Severino Boezio (475 - 525), filosofo della tarda età romana, quando i barbari erano padroni dell'ex Impero Romano di Occidente.
Il tema della fortuna, come descritto nel De consolatione philosophiae, scritto da Boezio in carcere, è così raccontato dalla personificazione della Filosofia che parla all'autore consolandolo:

"Che cosa è dunque quella, o Boezio, la quale t'ha in tristezza sbattuto, e a sì gran pianto? 
Io per me penso che tu abbi alcuna cosa veduto nuova e indisusata. Se tu stimi che la fortuna si sia verso te mutata, tu l'erri. Questi son sempre stati i costumi suoi, così è fatta la natura di lei; anzi ha ella, rivolgendotisi, mantenuto più tosto la sua costanza, che è proprio di mutarsi: cotale era ella quando t'accarezzava; cotale quando con zimbelli e allettamenti di non vera felicità ti si girava d'intorno, sollazzandoti. 

Tu hai ora molto ben compreso quai siano e coni u fatti i visi di questa Dea cieca, i quali sono tanto dubbiosi a potersi conoscere. Ella, che ancora agli altri si cuopre, a te s'è svelata. tutta. Se ella ti piace tale, chente tu la vedi, serviti de' suoi costumi, ma non dolertene: se temi di sua tradigione, lasciala ire, e non ti impacciar con lei, la quale sempre scherza, che cuoce; e sappi che la cagione, che ora ti arreca tanta malinconia, dovrebbe esser quella che t'apportasse tranquillità. 

Tu sei stato abbandonato da colei, della quale ninno può star sicuro che ella non debba abbandonarla. Dimmi: tieni tu per cosa di pregio quella felicità, la quale sta per fuggirsene tuttavia? Ètti cara quella fortuna, della quale non ti puoi assicurare che sia per rimanere, e, partendosi, ti debbe affliggere? 
Ora, se ella non può ritenersi quando altri vuole, e, fuggendosi, ne fa disgraziati e dolenti, che vuole dimostrare altro l'essere ella fugace, se non che tosto dobbiamo essere infelici e calamitosi? perciocchè egli non basta vedere quelle cose solamente, le quali ci sono dinanzi agli occhi. 
Gli uomini prudenti misurano i fini delle cose: il conoscere la fortuna essere mutabile così nell'una parte come nell'altra, fa che noi non dobbiamo nè temere le sue minacce, nè disiderare le sue lusinghe. 

In ultimo egli è viva forza che, avendo tu sottoposto una volta il collo al giogo della fortuna, sopporti pazientemente tutto quello che si fa dentro l'aja e nella piazza di lei. Ora, se tu volessi dar legge quando debba o stare o partire colei, la quale tu stesso t'hai spontaneamente eletto a padrona, non ti parrebbe far villania? E, non volendo tu sofferire con pazienza quella sorte che non puoi mutare, che faresti altro che inacerbarla e farla più grave? Se tu dèssi le vele a'venti, non dove chiedesse la tua volontà saresti portato, ma dove il vento ti spignesse egli. Se tu seminassi campi, tu andresti compensando gli anni sterili con gli abbondanti. Tu ti sei dato alla fortuna, che ti regga; egli è necessario che tu ubbidisca ai costumi della tua donna: e tu ti dai a credere di poter ritenere l'empito della ruota che gira sempre? 
O stoltissimo e più folle di ciascuno altro, se ella cominciasse a star ferma, ella fornirebbe d'essere fortuna."

(Severino Boezio - Della consolazione della filosofia (VI secolo), traduzione di Benedetto Varchi (1551) - Libro Secondo)

Così descritta, la natura della Fortuna è essere mutevole, ed è proprio in questo che consiste la  sua costanza. E'una dea Cieca. Dispensa illusioni e falsa felicità (perchè prima o poi ti abbandona), quindi il saggio deve comportarsi in maniera distaccata, senza farci lusingare nè temere le sue minaccie. Ci si serve di lei ma non ci si duole quando ci abbandona.
La Fortuna lega gli uomini al suo gioco e quindi è inutile voler costringere chi ti ha aggiogato ad ubbidirti. Trattenere per te la fortuna sarebbe come fermare la ruota : cesserebbe d'essere fortuna!


Fonti
 - Wikipedia, Severino Boezio
 - Wikipedia, De consolatione philosophiae
 - Wikisource, Della consolazione della filosofia, Libro II

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